di Piera Peri

I nuovi lavori permettono di conoscere una nuova fase pittorica della ricerca poetica del pittore romano Mauro Bellucci: artista che ha sorpreso il pubblico per un’evoluzione significativa e decisiva del suo modo di intendere la pittura. Al posto delle composizioni fortemente espressionistiche, con scritte, interventi di silicone e applicazioni di oggetti, dal fondo carico di cromie sature e contrastanti, Bellucci è passato ad una sorta di azzeramento, di pulizia, di minimalismo per ciò che concerne l’aspetto cromatico. Pochi colori oggi danno vita alle sue figurazioni che si stampano su fondi monocromi composti comunque da tonalità cariche ed intense, ma che permettono, rispetto alla precedente produzione, una maggiore attenzione e partecipazione verso i soggetti, unici protagonisti dei quadri e dunque catalizzatori assoluti dell’attenzione del fruitore. I soggetti proposti in questa mostra, al pari del periodo precedente, indagano la figura umana, in modo particolare il volto, inteso come specchio dell’anima e luogo della comunicazione dei sentimenti e del complesso mondo interiore, scandagliato con efficacia e forza psicologica dal pittore. Volti colti in maniera ravvicinata, per permettere, attraverso le espressioni allucinate ed ambigue, di seguire un’introspezione attenta ed accurata; volti che non vengono presentati nella loro totalità e completezza figurativa (quando sono completi vivono di azzardati ed estremi punti di vista) ma che l’artista spesso taglia di netto, ponendoli al margine della tela, utilizzando un espediente che, insieme all’assenza degli indizi spazio-temporali negati dal fondo monocromo, ne amplifica la portata di disagio e enigmaticità di cui sono carichi. Il segno pittorico veloce e istintivo che traccia le figure, i tratti somatici sottolineati violentemente, l’espressionismo esasperato per svelare il pathos interiore comunicato estremizzando il particolare degli occhi, rimangono comunque quelli tipici della precedente serie pittorica di Bellucci. Un artista che ci conferma il ruolo dell’arte come momento insostituibile di riflessione sull’essere umano, sul suo agire, vivere, sognare, patire, relazionarsi. L’arte come momento comunicativo e di esperienza collettiva, come atto terapeutico e catartico nella condivisione del disagio personale e collettivo, allargato alla comunità degli artisti e a tutti coloro che si lasciano “contaminare”.